Il Supremo Collegio con una recente decisione è tornata a pronunciarsi sulla legittimazione all’esercizio delle azioni revocatorie in capo al curatore fallimentare, ricordando che lo stesso non è titolare del diritto di credito, ma è chiamato ad esercitare un potere in rappresentanza e nell’interesse della massa dei creditori del fallito.
La Corte di Cassazione ha poi ricordato che la Legge Fallimentare regola in maniera innovativa ed espressa il caso della decadenza dall’azione revocatoria e del computo dei termini, prevedendo due termini decadenziali alternativi, secondo i quali le azioni revocatorie in ambito fallimentare non possono più essere promosse dal curatore tre anni dopo la dichiarazione di fallimento ovvero decorsi cinque anni dal compimento dell’atto.
Tali termini di decadenza, però, non sono applicabili estensivamente in ambito fallimentare, ma riguardano esclusivamente l’azione revocatoria esercitabile dal curatore fallimentare.
La Corte, infine, ha ricordato che l’eccezione revocatoria sollevata dal curatore in sede di ammissione allo stato passivo non ha carattere autonomo, perché non è volta a dichiarare l’inefficacia dell’atto dispositivo, ma solo a paralizzare la pretesa creditoria.

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