Con la recente ordinanza n. 6144 pubblicata il 7.03.2024 la Cassazione accoglie le nostre difese e, nel cassare la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, rinvia alla stessa per pronunciarsi in ordine ad un chiaro principio di diritto circa la liquidazione delle spese del giudizio. Lo Studio contestava la liquidazione delle spese  applicata dalla Corte d’Appello di Venezia la quale,  pur avendo rigettato la domanda risarcitoria proposta dall’attore nei confronti della cliente dello Studio, l’aveva poi condannata la pagamento delle spese processuali sostenute dal terzo da essa chiamato in causa quale (eventuale) effettivo responsabile dei danni allegati, cioè il direttore dei lavori, nonché delle rispettive compagnie assicurative, da quest’ultimo ulteriormente chiamate in causa, per essere eventualmente garantito.

La Corte di Cassazione accoglie le difese evidenziando che «in forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa».

Sempre la Corte, in accoglimento delle difese formulate dallo Studio, conclude che «la corte d’appello non ha correttamente applicato il predetto principio di diritto, in quanto, effettivamente, come dedotto dalla società ricorrente, non ha accertato se la chiamata in causa del terzo, sulla base della prospettazione (ex ante) dei fatti allegati a base della domanda di parte attrice e delle difese della parte convenuta, fosse del tutto arbitraria, in quanto priva di una logica e ragionevole connessione con tale domanda, al punto da potersi ritenere addirittura del tutto eccentrica rispetto alla stessa e da costituire, quindi, un vero e proprio abuso dello strumento processuale e del diritto di difesa, ma si è sostanzialmente limitata a valutarne l’infondatezza virtuale, alla luce e all’esito dell’istruttoria svolta».

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