Una recentissima pronuncia della Suprema Corte (Cass. Civ., sentenza 25.07.2022, n. 23149) ha chiarito la validità del mutuo concluso per il ripianamento di una preesistente posizione debitoria verso lo stesso mutuante (nel caso di specie, un istituto di credito), potendo (ad avviso dei Giudici di legittimità) tale finalità rientrare in una delle possibili modalità d’impiego delle somme erogate.

Detto altrimenti, il mutuatario, di norma (salvi, dunque, i casi di mutuo cd. di scopo), può liberamente utilizzare i relativi importi come meglio crede e senza vincoli di sorta, fermo restando, beninteso, il rispetto dei limiti posti dall’ordinamento.

A quest’ultimo proposito, va rilevato che il cd. mutuo solutorio non contrasta né con le disposizioni di legge, né con i principi d’ordine pubblico (significativamente la Corte precisa che “pagare i propri debiti è – esso sì – principio di ordine pubblico”).

Non sfugge al Supremo Consesso come tale fattispecie possa essere, di fatto, strumentalizzata a danno degli interessi creditori, o integrare un mezzo anomalo di pagamento.

Ma in questi casi – continua il Collegio – potranno semmai venire in gioco (qualora, ovviamente, ne ricorrano i presupposti) altre ipotesi di nullità, oppure altri rimedi già predisposti dall’ordinamento (si pensi alla revocatoria ordinaria o a quelli previsti dalla disciplina concorsuale).

In pratica, il contratto potrà sì essere dichiarato nullo o inefficace, ma questo per altre ragioni, e non per la particolare destinazione solutoria per ciò solo considerata.