Con una recente pronuncia la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sull’applicabilità o meno del rimedio della revisione del prezzo, previsto dall’art. 1538 c.c., in ipotesi di contratto di compravendita a corpo, nel quale vengono, però, riportate le misure precise dell’immobile oggetto di vendita.

E’ noto, infatti, che la disciplina codicistica prevede due diverse tipologie di trasferimenti immobiliari: la vendita a misura, prevista dall’art. 1537 c.c., ove il prezzo del bene è quantificato secondo le dimensioni esatte dell’immobile, e la vendita a corpo, prevista dall’art. 1538 c.c., ove, invece, il prezzo è determinato tenuto conto del bene nel suo complesso, a prescindere dalle misure dello stesso.

In tale secondo caso, è lo stesso art. 1538 c.c. a prevedere che non si fa luogo a revisione del prezzo, anche nell’ipotesi in cui nel contratto di compravendita sia indicata la misura del bene, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto.

Nel corso degli anni il Supremo Collegio ha avuto diversi orientamenti circa l’applicabilità del rimedio di cui all’art. 1538 c.c., anche quando le parti del contratto non avevano pattuito l’esclusione del detto rimedio.

La recente decisione della Corte, invece, ha dato seguito all’orientamento principale,  affermando che “Qualora le parti concludano un contratto di compravendita “a corpo” indicando, nell’ambito di esso, la misura del bene compravenduto, si applica il rimedio di cui all’art. 1538 c.c., comma 1, in presenza di una divergenza quantitativa della misura del bene maggiore di un ventesimo di quella indicata nel contratto. Resta salva la facoltà delle parti di escludere l’efficacia della norma dianzi richiamata, mediante specifica clausola negoziale, pur in presenza dei requisiti previsti per la sua applicabilità.”

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